La nostra vita è composta da momenti belli e brutti. I momenti infelici si dividono in 2 categorie :
quelli che dimentichiamo ( un brutto voto, una litigata …) , e invece quelli che dopo tanti anni ancora ti fanno male.
Il fatto che sto’ per scrivere appartiene alla seconda categoria.
Me lo ricordo bene quel giorno : Firenze , 8 Giugno 2014, la data del mio compleanno.
Erano circa le due del pomeriggio e c’era un caldo allucinante. Stavamo tornando in albergo ed io camminavo davanti ai miei genitori, quando, mia madre ha cominciato ad incitarmi a stare dritta, ma quando le ubbidivo sembrava che avessi mangiato in manico di scopa, ed è qui che cominciò ad avere i primi sospetti.
Passarono pochi giorni quando mi ritrovai in un ospedale a Roma.
L’attesa durò circa 5 ore, quando finalmente ci fecero accomodare in un ambulatorio, un medicomi visitò. Dopo aver compilato la scheda medica mi prescrisse una lastra, e dopo che l’ ebbe vista ci illustrò la sua diagnosi : scoliosi idiopatica.
E così indossai il mio primo corsetto : lo detestavo, era strettissimo!
Dopo 4 mesi ecco i primi risultati, ero migliorata. Quindi mi prescrisse un altro busto, questa volta un po’ più alto e con una sbarra di ferro sul petto.
Passò un anno, il procedimento della visita fu sempre il solito : un attesa di ore prima di entrare nell’ ambulatorio. Ma quella volta le cose cambiarono, dopo aver visto le lastre ci guardò tutti e tre e poi disse che non c’era più niente da fare, l’ unica soluzione era operarmi.
Mi sentii gelare dentro, quella freddezza con cui l’ aveva annunciato, il fatto che venivamo trattati come animali.
Tornati a casa i miei genitori cominciarono a discutere.
La paura cresceva ogni giorno di più e ormai mi ero rassegnata all’ evidenza : non c’era più nulla da fare.
Un giorno, dopo scuola mia madre mi chiamò dicendomi di finire in fretta i compiti.
Dopo poche ore ero in una stanza con i miei genitori e una fisioterapista che ci illustrò il metodo che seguiva, ma io ormai ero talmente rassegnata che l’ ascoltai poco.
Passarono pochi mesi e i miei genitori mi portarono a Merate per farmi visitare dalla dottoressa Laura Bertelè, che aveva fondato quel metodo.
Ricordo tutto di quel giorno, questa volta l’ ascoltai e qualcosa si illuminò dentro di me.
Col tempo mi sentii amata dai terapisti e dalla dottoressa, da loro sentivo un calore che non avevo mai sentito.

Dopo due anni abbandonai l’ ospedale e tolsi definitivamente il busto.
Le settimane intensive di fisioterapia in montagna erano e sono tuttora fantastiche.
Sono passati 5 anni, 5 lunghi anni,ma penso ogni giorno a quando ero in ospedale, soprattutto perché si è scoperto che il mio busto era sbagliato, era fatto in modo che io peggiorassi, e per tre anni non se ne erano mai accorti !!! La rabbia è sempre la stessa di 2 anni fa ( quando lasciai l’ospedale ).
Finalmente ho trovato un metodo composto da persone che mi vogliono bene, che non mi trattano come un numero, e mettono al centro l’ uomo.
Questo metodo a volte non lo chiamo con il suo nome, Metodo Bertelè ma metodo dell’ amore, proprio per questo motivo.